I colloqui di lavoro sono stati per me un’ottima scuola di scienze umane. Grazie a loro ho rafforzato l’idea di ascendenza pirandelliana che il vero spettacolo è nelle strade del mondo e che non c’è bisogno di inventare niente perché ci sono già delle strane entità chiamate persone che sono opere letterarie perfettamente auto-concluse. Ciò detto vorrei raccontare l’edificante esperienza fatta in un’agenzia interinale qualche anno fa mentre ero alla ricerca di un lavoretto nell’immediato post laurea. Dopo attenta selezione vado all’assalto del mio centro di smistamento-collocamento sentendomi un po’ come l’ebreo che si concede il lusso di scegliere dove andare a farsi cremare. Mentre cammino per il centro alla ricerca del posto, intercetto una vetrinetta opaca che trasuda condensa piena di cartelli appiccicati con lo scotch. mi avvicino cautamente e leggo degli avvisi sparsi che rincuorano tutti i laureati di oggi: saldocarpentiere, apprendista magazziniere, programmatore, escavatorista. Mi rendo conto da subito che sono nel posto sbagliato ma poi penso che si possono fare anche dei begli incontri nei posti sbagliati. PENSO. Inguaribile romantica! Entro nell’agenzia interinale piena di fulgida aspettativa. Guardo avanti a me. E vedo due giovani ragazze, una bionda e una mora, che con aria serissima e fintamente professionale fissano lo schermo del computer in un’atmosfera da gelo aziendale. C’è una sorta di bancone serpentina che divide il laureato medio dal sogno della possibilità. Ecco… la Gelmy dovrebbe essere messa in questo luogo a pensare alle riforme. Comunque dico “Salve!” e allargo un sorriso: la mora a quel punto alza la testa lentamente e mi guarda con aria interrogativa mentre l’altra fa un sussulto e poi sgrana gli occhi come se fossi entrata là dentro con dei tappeti sul dorso dicendo volete comprare? “Prego?”, “Avrei un colloquio con voi oggi…”. Silenzio prolungato. “CON NOIII?” ed entrano in agitazione… “Un attimo eh… un attimo solo… perché noi qua… ”; io rimango disorientata perché uno che entra in un ortofrutta dicendo voglio delle pere solitamente non si sente rispondere “DELLE PEREEE???? Eh no perché noi qui abbiamo i cavoli… ” e perché, sopratutto, mi aspettavo un atteggiamento da …ehi! ciao ragazza della mia stessa sfigata generazione vediamo se riusciamo a darti una mano eh… insomma le due cominciano a ticchettare furiosamente sui tasti. Io le guardo ieratica con il mio cv plasticato in mano che ci ho messo due pomeriggi a impaginare: sono entrambe vestite in maniera esemplare con degli abbinamenti di colore fantastici tipo orecchino azzurrino-maglia stesso azzurrino, pantalone violetto-foulard stesso violetto… poi noto che sono nate con il trucco e che il loro capello ha una liscezza che commuoverebbe il mio Pantene. Mi accascio sul tavolino in formica. “Nome scusi?”. ScusI!. Dico il nome. “MA LO HA COMPILATO IL MODULO LEI???”, “Quale modulo?”… la mora fa un sospirone di stizza incontenibile e mi vomita addosso un sfilza di parole una dietro l’altra entrando come in trance: “…no perché non è nel nostro database e noi non possiamo fare il colloquio se non è nel database deve prima compilare il modulo e poi fa il colloquio … perché non è davvero possibile se prima lei non figura nel nostro database! eh… questa è la regola … mi dispiace…”. Pronunciate queste parole il donnino si spegne tipo automa mentre la bionda si alza e sparisce dietro una porta dopo aver dato un caloroso segno di assenso-consenso alla collega. A quel punto mi metto disciplinatamente a compilare la scheda in tutte le sue parti senza fare domande in quest’atmosfera dimessa e spoglia piena di raccoglitori… non oso immaginare le vite raccolte là dentro! Finisco. Mi alzo. Consegno il foglio alla mora avvicinandomi con la massima discrezione al banco… lei lo arpiona e solo a qual punto cosa fa? sorrideeee.. soddisfatta proprio adesso. Piena. Scrolla il mio moduletto alla spasmodica ricerca del mio nome di battesimo, non ha più paura di me adesso che sono nel foglietto… le si trasfigura il timbro di voce e mi fa: “Ahhhhhh… benvenuta… ehm… (scorre il foglio) … MARAAA! Siediti, siediti pure!”, “Marta. Mi chiamo Marta”, “Come cara?”, “Niente”.
Microclisma: perché queste due ragazze figlie del mondo civile con buona scolarizzazione, una famiglia che le ha sicuramente educate ai buoni valori e un identità più o meno consolidata hanno interpretato il loro ruolo con questa tetra serietà? e perché temono di relazionarsi con tutti coloro che non sono rigorosamente schedati nel database? e perché siccome gli è stato detto di far compilare il modulo prima del colloquio, esse hanno interpretato la cosa nel senso che non colloquiano affatto? Avrei voluto dirle: amica che hai il foulard dello steso violetto del pantalone e ciò è assolutamente lodevole, guardami un attimo negli occhi perché non vendo tappeti, dimmi Buongiorno e se ce la fai, poi, senza entrare troppo nella parte, consegnami sto cazzo di modulo… lo stesso cazzo di modulo che tu hai compilato tre mesi fa. Stop.
ma mi piace un sacco il tuo blog! fico il cv plasticato, lo voglio! magari con una bella cornice! 🙂
il cv plasticato è un must! ti senti più protetta anche tu se il cv è inserito nel foglio plasticato.
Mi ricordo di quando ho lavorato alla segreteria di una fantomatica scuola di counseling che vendeva sogni a povere ragazze pugliesi, desiderose di un posto di lavoro e terrorizzate all’idea di fare la valigia ed espatriare senza mammà e fidanzato-promesso-sposo al seguito. Le guardavo negli occhi, speranzosi, e non ce la facevo a dir loro che al massimo con quel corso potevano ambire ad un posto come esperte di counseling della cassa del minimarket. E quindi, da bravo attore e futuro pubblicitario, mentivo spudoratamente. Almeno, per qualche mese, avrebbero potuto dormire sonni tranquilli, prima di sposarsi, filiare e dimenticarsi delle loro ambizioni lavorative.
si david, ma il punto è questo: tu non avevi un foulardino violetto in coordinato con il pantalone… e sorridevi… vero che sorridevi?
Sorridevo con 85 denti per arcata, ben sistemati dall’apparecchio impostomi dai miei a 10 anni. Quello sì che è stato un investimento, altro che il corso di counseling.
Marta, anche fare i colloqui di lavoro stando dall’altra parte, cioè quella di chi deve assumere qualcuno è una bella scuola di scienze umane, di varietà e spettacolo.
Qualche mese fa si presentò da noi una ragazza per fare il colloquio di lavoro. Dopo il “buongiorno” reciproco le chiesi:”come va?” e lei:”ahhhhhhhhhh, sono depressa!” facendo una faccia da “è un mondo difficile, vita intensa e futuro incerto”… la assunsi facendole un contratto antidepressivo.
Martin salvatore di anime 😉