Ho seguito il dibattito delle primarie. E anche questa volta mi sono chiesta perché ogni volta che mi concentro per seguire un’analisi, un confronto, un’argomentazione, mi perdo. Ascolto, partecipo, però man mano il piano del contenuto come scolora, si disperde. Non ne esco più… non so come spiegare… è un po’ come quando uno mi dice “sinnnergia” o “un attimino” o “a trecentosessanta gradi” che hai quella sensazione di suono fastidioso che copre il nulla.
L’altra sera, dopo la chiusura dei seggi, mentre seguivo il dibattito e mi concentravo sulle frasi che venivano espresse, gradualmente è iniziata a passarmi davanti l’intera parabola pubblicitaria degli ultimi vent’anni…
… allora “Siamo seri e diciamoci la verità“ evocava il Locatelli fa le cose per bene “Non raccontiamoci barzellette“, perché Galbani vuol dire fiducia, “Non fare del banale populismo“, Goditi un Togo.
Non so come mi è partita ‘sta roba… ma so che non si è più fermata…
“Questa è demagogia!“, Falqui. Basta la parola.
Poi a un certo punto sento:
“Perché non sei pericoloso per ciò che voti, sei prezioso per ciò che rappresenti“
(???)
Ma cosa significa?
Ma è un po’ come: più latte e meno cacao, no?
Il più bello è stato “Torniamo a dare del TU alla speranza”… come Vivere senza confini o Liberi di…, ottima suggestione per le nuove compagnie telefoniche.
Ah! poi c’era, che anche mi è piaciuto molto…
“No alla politica vecchia maniera” come dire Off. Nè punti, nè unti.
“Dobbiamo vincere senza raccontare favole”: puliti dentro, belli fuori.
“Abbiamo un programma molto serio”: nasce, cresce, corre.
E’ comparso anche il sempreverde…
“Non per fare della sterile polemica” ma Rowenta è per chi non s’accontenta.
La più bella associazione è stata:
“Noi dobbiamo essere molto chiari in questo“: se non ti lecchi le dita godi solo a metà
E poi quando Matteo Renzi ha detto:
“Questo viaggio noi lo facciamo assieme”… beh, allora lì mi è partito subito un montaggio alternato tra E’ bello camminare in una valle verde e Accendiamo il presente per illuminare il futuro.
Insomma c’è stato un momento in cui me lo aspettavo veramente che Bersani se ne uscisse con qualcosa del tipo “Perchè ragazzi, diciamocelo, cos’è la vita senza Morositas?” o che Renzi si fermasse per poi dire, pieno di speranza informale, “Il cambiamento è alle porte e io sono qui a dirvi che chi trova SOLE, ragazzi, chi lo trova, beh, non lo lascia più.”
Microclisma: Ma… prima di dire qualcosa di sinistra, o di destra, potete dire qualcosa. Grazie.
Ok, io sono uno che la pubblicità la odia, non sopporto gli slogan, e mi danno ai nervi le falsità patinate degli spot televisivi.
Però mi chiedo una cosa. Visto che spesso qualcuno si appella al presunto populismo dell’avversario; cos’è populismo e cosa non lo è?
Senza andare a scomodare personaggi storici, ma rimanendo negli attuali protagonisti della politica, come si dovrebbe svolgere un discorso di contenuti, che non sia populista? Perché anche con tutta la buona volontà non me ne viene in mente un esempio…
È possibile, infine, discutere di *Politica* con la P maiuscola, ovvero di questioni che riguardano la popolazione e la conduzione del sistema società, senza essere populisti?
E in tutto questo la demagogia dove si colloca?
Non credo sia questo il luogo di un dibattito etimologico sul significato dei termini. Credo però che da vent’anni a questa parte il linguaggio della politica si sia abbassato progressivamente di livello fino a raggiungere margini pericolosissimi. Margini talmente pericolosi che ormai anche noi, nella nostra quotidianità, confondiamo il ridicolo con il grottesco con l’orrorifico (Berlusconi). Credo, in generale, che in questa fase storica bisognerebbe parlare molto meno (siamo inquinati da fiumi di opinioni sulla cui autorevolezza bisognerebbe ancora discutere), ma soprattutto parlare con molta più attenzione. I politici dovrebbero meritare l’attenzione dei cittadini, non averla di default e abusarne sistematicamente. Dovrebbero guadagnarsi il rispetto con l’impegno concreto e con l’utilizzo di toni sobri, che non provochino l’ilarità di chi ascolta per il loro eccesso retorico e che non insinuino il dubbio di una malafede sottesa. Parole vere insomma, fattive, orientate alla concretezza, al programma.
Ecco io non so cosa possiamo intendere oggi esattamente con la parola demagogia o populismo, ma so riconoscere quello che non è demagogico e populista. Penso che lo sappiamo distinguere tutti, alla fin fine, è solo che la maggior parte delle coscienze sono anestetizzate da una cultura mediatica invasiva e schiacciante che non permette loro di accorgersi che lo spot della Fiat Panda non ha a che vedere con l’umore generale del Paese. “Torniamo a dare del Tu alla Speranza” non lo puoi dire a una famiglia che non arriva alla fine del mese. E devi pensarci, se stai parlando a milioni di persone.
Questa è la questione che volevo sollevae in questo post. Grazie per l’intervento.
Ti seguo.
Il rischio forte però è quello di far parlare i politici di ipotesi. Di Renzi che citi han contestato le proposte come irreali,mentre le frasi ad effetto sono passate senza problemi. Di Bersani hanno contestato il fatto che non riesce a definire proposte che non siano vaghe e piene di “si farà” generici, mentre tutte le metafore han dato un tono di serietà…
Se questi li metti a parlare di cose concrete si rischia che parlino di ipotesi a tavolino, tanto arzigogolate quanto scollate dal possibile. Per sceglierne uno ovviamente i candidati si presentano al mezzo comunicativo usando i registri di comunicazione; captatio benevolentiae… L’unico altro strumento di giudizio è andare a prendere programmi, idee, e documenti che di solito sono redatti e consultabili e confrontarli con quella che è la propria idea. Ma è una cosa terribilmente faticosa per l’italiano culone e pigro che pretende dalla TV tutto predigerito. Molti gli esempi di gente che dice cose, il più non vere, ma le dice con così tanta veemenza da farle diventare…
Forse anche per quello ho creduto in Renzi, quando ho visto i comitati trovarsi la sera dei giorni infrasettimanali, in stanze improvvisate, con i fogli in mano a discutere sul programma, sui contenuti. Gente di paese, eterogenei, ma che si davano i compiti per casa per “capire” le cose difficili e che nessuno conosceva, per poi spiegarsele a vicenda… Ammirevole (piccolo pentimento per non aver partecipato)… Questo forse dovrebbe essere il linguaggio della politica, quello nei media è troppo vicino al “THE GREEEAAAT MAGILAAAAL CAGLIOSTROOOO” degli annunci dei maghi al circo, dove poi anche un ciccione basso e sudato riesce a stupire con 4 trucchi da bancarella. E il registro televisivo non è modificabile, scordiamoci rivoluzioni in quell’ambito. La tizia là, quella che fa la faccia triste il pomeriggio, fa troppi ascolti.
Grazie dello spazio, e della risposta!